La Chiesa, il Convento e la Parrocchia di Gesù e Maria

in Foggia costituiscono un complesso monumentale che ha accompagnato lo sviluppo della città e la storia dell’intera comunità del capoluogo dauno.
Il presente contributo desidera raccogliere il considerevole patrimonio artistico e religioso lasciatoci dalle generazioni che si sono susseguite lungo 500 anni di storia.
Sicuramente, Gesù e Maria merita di più; intanto, cominciamo a divulgare, anche se in forme poco ambiziose, le grandi testimonianze del tempo. Altari, coro, statue, quadri, esempi luminosi di grandi personaggi, infatti, costituiscono un qualcosa che, senza grandi sforzi organizzativi ed editoriali, merita di entrare nelle case dei foggiani.

La facciata e l’interno

La chiesa di Gesù e Maria è a Foggia, in Piazza Giordano, un tempo largo Gesù e Maria
La pianta è longitudinale, a tre navate e con la cupola. La facciata, di stile barocco con andamento concavo, è costituita da due ordini; il primo, più alto, presenta lesene binate di tipo tuscanico e la trabeazione aggettante decorata da triglifi.
Il portale, con timpano triangolare, reca l’epigrafe con la data di ricostruzione della facciata. Lateralmente, le finestre rettangolari sono ornate da angeli, ghirlande e volute. Il secondo ordine presenta lesene binate di tipo composito, grandi volute simmetriche, trabeazione e fastigio centrale.

II soffitto è piano, rifatto nel 1933, sostituisce quello settecentesco in legno decorato e dipinto da Nicola Lersotti.
La chiesa a tre navate è corredato di abside e transetto. Le tre navate sono suddivise da cinque arcate a tutto sesto, sostenute da robusti pilastri.
La balaustra a due ali, ciascuna formata da tre pilastrini alternati a due gruppi di tre colonnine, probabilmente è ciò che rimane della primitiva chiesa. I pilastrini sulla parte anteriore presentano delle tarsie marmoree raffiguranti motivi floreali.

La navata di sinistra

Entrando dalla porta principale, a sinistra, vi è un busto in bronzo di P. Agostino Castrillo, opera dello scultore L. Schingo di San Severo (1958). Accanto al monumento, un secondo tamburo laterale, costruito nel 1950. Seguono cinque cappelle con altari in marmo policromo.
Nella seconda arcata c’è la cappella, con altare a parete, sovrastato da una tela ad olio di autore ignoto raffigurante S. Francesco da Paola. Nella seconda cappella, troviamo l’altare di S. Francesco d’Assisi. Esso è sormontato da una nicchia con una statua lignea del Poverello. L’altare della terza cappella è dedicato alla Vergine del Rosario. Nella quarta cappella l’altare di Sant’Antonio con relativa statua in legno.
Sull’arco del transetto, la statua lignea di S. Giacomo della Marca. Nella cappella, la recente statua di S. Chiara. Di fronte, la statua del Cuore di Gesù e sotto l’altare quella del Cristo Morto, entrambe in cartapesta.

La navata di destra

Sulla controfacciata una statua di legno dorato raffigurante la Madonna delle Grazie. Sulla parete laterale la statua in legno scolpito e dipinto, del 1600, a mezzo busto, dell’ Eterno Padre, di ignoto autore. (Alle statue è riservato lo spazio alle pp. 10 e 11). Sulla destra, una bella porta settecentesca immette nella Sala San Francesco e nella Cripta di San Ciro. Sulla parete, una tela raffigurante S. Salvatore da Orta. Un’altra raffigurante La Sacra Famiglia di Benedetto Brunetti. Una terza tela che rappresenta il vescovo S. Ludovico da Tolosa (vedi pp. 16 e 17). Nella navata vi sono cinque confessionali di cui tre sono stati ristrutturati e chiusi, secondo lo stile degli originari aperti, gli altri due sono nella forma originaria del ‘700. Sulla parete trasversale, al di sopra dell’arco, la statua lignea di S. Bernardino da Siena. Nella cappella del transetto una grande tela ad olio dell’Annunciazione, siglata GBM. Sulla parete frontale, un altare in marmo è sormontato da una nicchia con la statua lignea dell’Immacolata del Di Zinno. Lungo le navate giacciono molte lapidi funerarie: importanti quelle di Pisani, Cimaglia e Rosati.

La Cupola e le vele angolari

Il presbiterio è interamente coperto da una grande cupola, rivestita all’esterno con piastrelle di Vietri.
La calotta emisferica su tamburo, con quattro finestre e lucernario, è affrescata, così pure le quattro cuffie angolari. L’affresco è stato eseguito nel 1754 dal pittore Nicola Lersotti. Non si conosce il committente, ma le sue intenzioni sono evidenti: celebrare la gloria francescana; infatti, molte le figure che si riferiscono a santi della famiglia francescana.
Le varie raffigurazioni sono disposte su tre cerchi concentrici. Centrale l’immagine del Perdono d’Assisi, l’indulgenza particolare del 2 agosto concessa da Cristo per intercessione di Maria. La scena mostra Cristo, avvolto in ampio velo e seduto su una specie di globo, la Madonna degli Angeli e San Francesco che stringe fra le mani un diploma. Tra i santi si notano poi: San Bonaventura, San Giacomo della Marca, San Daniele con sei suoi compagni.
Nel terzo cerchio, Santa Chiara, in piedi, Santa Rosa da Viterbo con una corona di rose in testa, San Luigi IX, riconoscibile dalla corona regale. E ancora: Mosè, Aronne e un’altra sequenza di Santi e una moltitudine di Angeli.
Gli affreschi sono stati restaurati, nel 1933, dal pittore Sebastiano Fortuna e recentemente, nel 2007, da Alfonso e Vincenzo Basile. La stessa ditta ha magistralmente restaurato anche l’intera tettoia e le capriate in legno.

Quattro vele angolari congiungono la cupola al presbiterio. Esse raffigurano gli Evangelisti con i loro simboli: Giovanni con l’aquila, Marco con il leone, Luca con il toro alato e Matteo con l’angelo. L’angelo sotto S. Luca sembra il ritratto dell’autore. Gli affreschi sono piena conferma del gusto pittorico dell’epoca barocca: ampio panneggio, esuberante numero di personaggio, esaltazione della policromia.
Sotto la vela di S. Marco (guardando l’altare maggiore, a in alto a destra), si riconosce distintamente la firma dell’autore, N. Lersotti, e la data, 1754. Ventitrè anni dal distruttivo terremoto, 1731. Pochissimi per ricostruire dalle fondamenta una così grande chiesa a tre navate, corredarla di splendidi altari con marmi policromi e affrescarla con tanta cura e tanto gusto. Al di sotto della cupola, in asse con le vele, due cantorie prospicienti con canne d’organo.

La Via Crucis

Le tre navate sono suddivise da cinque arcate a tutto sesto sostenute da robusti pilastri su cui vi sono le stazioni della “Via Crucis”: una serie di quadri che ricordano le tappe principali della passione e morte di Gesù Cristo. Questo pio esercizio è normalmente svolto il venerdì e, soprattutto, in quaresima.
I dipinti ovali di Gesù e Maria sono attribuiti a Domenico Preste, pittore napoletano della prima metà del 1700. Questi fu attivo in Capitanata: nel 1728, affrescò la Cappella Celentano nella Chiesa dei Cappuccini e ha operato sulle volte della Chiesa di S. Francesco a Troia. Nel 1965 le tele furono restaurate da Gaetano Lorenzoni.

Negli anni ‘90, esse furono nuovamente distese su nuovi e più resistenti telai. Ogni stazione è incastonata in una cornice barocca di stucco. L’opera è databile alla prima metà del secolo XVIII; la gamma cromatica e le forme risentono pesantemente della maniera barocca. I colori sono studiatamente cupi, tali da essere in consonanza con la greve e pesante tonalità del momento celebrato: la passione e la morte del Redentore. Ognuno dei quattordici dipinti ci presenta un’abbondante parata di personaggi, le cui membra appaiono nodose e robuste. Il panneggio è ampio e risente della tipica espressione pittorica del tempo.

1. Gesù è condannato a morte

1. Gesù è condannato a morte

2. Gesù è caricato della croce

2. Gesù è caricato della croce

3. Gesù cade la prima volta

3. Gesù cade la prima volta

4. Gesù incontra la madre

4. Gesù incontra la madre

5. Gesù è aiutato dal Cireneo

5. Gesù è aiutato dal Cireneo

6. La Veronica asciuga il volto

6. La Veronica asciuga il volto

7. Gesù cade la seconda volta

7. Gesù cade la seconda volta

8. Gesù parla alle pie donne

8. Gesù parla alle pie donne

9. Gesù cade la terza volta

9. Gesù cade la terza volta

10. Gesù è spogliato delle vesti

10. Gesù è spogliato delle vesti

11. Gesù è inchiodato alla croce

11. Gesù è inchiodato alla croce

12. Gesù muore in croce

12. Gesù muore in croce

13. Gesù è deposto dalla croce

13. Gesù è deposto dalla croce

14. Gesù è deposto nel sepolcro

14. Gesù è deposto nel sepolcro

L’altare Maggiore

Sotto l’arco trionfale, domina la scena l’altare maggiore in marmo policromo riccamente decorato. L’impianto dell’altare a spigoli e rientranze, la finezza delle parti scultoree, la sensibilità quasi pittorica dell’intaglio e la leggerezza spumosa delle decorazioni orientano per una attribuzione a scuola napoletana settecentesca. Ne fanno fede le decorazioni: il paliotto, ornato da una cartella decorata con volute e foglie d’acanto, presenta al centro un medaglione a bassorilievo con l’effige della Ma- donna col Bambino. Sui cantonali sono raffigurati stemmi gentilizi. Il grado è a due gradini; il secondo più alto è decorato ai lati da due angeli capialtare.
Il tabernacolo, a tempietto, presenta motivi vegetaliformi ed è ornato da due teste d’angelo e dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo.

Nel presbiterio per adeguamento alle norme liturgiche, nel 1995, è stata posta la mensa su un basamento in legno e rifatta la pavimentazione. La mensa, opera di Igino Legnaghi di Verona, è in marmo verde indiano con applicazioni in rame sbalzato e dorato ad oro fino. L’ambone è dello stesso autore della mensa; sul davanti è raffigurata l’Annunciazione con sotto la scritta «Il verbo si fece carne ed abitò tra noi».
Gli altari della navata sinistra sono di marmo policromo di grande efficacia cromatica. I due altari delle cappelle laterali sono di minor pregio e hanno sostituito due altari lignei, purtroppo tanto rovinati da non poter essere recuperati.
Sull’altare campeggia un Crocifisso in legno, opera di Santifaller di Assisi, collocata in sovrapposizione all’altare nel 1936, allorchè la chiesa fu affidata ai frati. Il corpo è com- posto, senza drammatizzazione, la croce è trilobica.
L’opera è nata per un’esigenza non artistica, ma devozionale. La sua semplice ed efficace plasticità attrae l’attenzione e richiama immediatamente il fedele al mistero della redenzione.

Le statue lignee

La statua rappresenta l’Immacolata Concezione, che si erge sul globo terrestre, affiancata da due putti. La vergine, vestita di bianco, è avvolta da un drappo stellato azzurro con bordi d’oro. La mano destra è poggiata sul petto mentre la sinistra è sollevata in un gesto di stupore.
L’opera, che si caratterizza per la forte espressione dello stile tardo-barocco settecentesco, detto rococò, è attribuita a Paolo Di Zinno di Campobasso. Questo scultore è famoso per aver inventato le cosiddette macchine: una struttura in lega metallica, cui venivano sospesi dei personaggi per una plastica e scenografica rappresentazione di personaggi biblici e religiosi. Famose sono le macchine del Corpus Domini che sfilano a Campobasso.

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Statua del sec. XVII, in legno dorato, su base poligonale, raffigura la Madonna del latte a figura intera, con la mano destra sul petto e il Bambino sorretto dal braccio sinistro. La veste ed il manto della Vergine sono dorati. Entrambe le figure hanno una aureola dorata sul capo.
Sotto l’attuale ridipintura si riconosce un’opera di buona qualità, di stile napoletano con influenze spagnole.

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le quattro statue lignee seicentesche costituiscono un unicum prezioso che testimonia il timbro della spiritualità e il gusto artistico del tempo e del luogo. Probabilmente, ve ne erano altre. Ognuna di essa ritrae il santo con i personali attributi iconografici.
La decorazione e gli ornamenti in oro del saio risentono dell’influenza iberica esercitata sull’arte barocca napoletana. Tutte le opere sono state restaurate, nel 1964, da G. Lorenzoni.

San Francesco d'Assisi (1185 - 1226)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Decorazioni con filamenti dorati disposti a spina di pesce. Figura austera, volto ascetivo rivolto verso l’alto, le mani raccolte nel saio, tipico gesto di umiltà e di penitenza.

San Antonio di Padova, (1195-1231)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Decorazioni a stampiglio; volto giovanile e imberbe. Motivi inconografici: il giglio della purezza; il libro della Parola perché predicatore e Gesù Bambino, che lo visitò quando era ormai allo stremo delle forze.

San Bernardino da Siena, (1380-1444)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Saio decorato con filamenti a spina di pesce e cappuccio orlato da motivi floreali.
Segni iconografici: la Parola, in quanto evangelizzatore, e la tavoletta dell’IHS (Iesus Hominum Salvator), Nome di Gesù di cui fu grande banditore.

San Giacomo della Marca, (1393-1476)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Decorazione a stampiglio sull’intero saio. Le identificazioni iconografiche sono: il libro della Parola, perché anche egli annunciatore della Parola. Si adoperò contro l’usura. Il calice perché ricorda un tentativo di avvelenamento.

Le altre statue

Sulla parete laterale, nell’antico passaggio tra l’Oratorio S. Ciro e la Chiesa, è stata collocata la statua lignea raffigurante l’Eterno Padre, sovrastante una corona di putti. L’Eterno è rivestito da una tunica decorata con elementi floreali, realizzati a stampiglio. Con la mano destra benedice e con la sinistra regge il globo crocifero. La scultura di discreta fattura e qualità, conserva forti influssi seicenteschi napoletani e iberici.
I lunghi capelli, la barba e baffi baffi originariamente erano dorati, come si evince da precedenti foto-cartoline (vedi immagine); successivamente, un restauro approssimativo, eseguito da soggetti non professionisti, ha deturpato l’opera trasformando l’oro in bianco con uso di vernici. Al momento, la scultura pare definitivamente compromessa.
Ci duole che il P. Guardiano dell’epoca abbia permesso tale misfatto, anche perché, nello stesso periodo (ottobre 1991- 1997), di restauri approssimativi, a Gesù e Maria, ne sono stati fatti diversi.

LA STATUA DELL’ETERNO PADRE (SEC. XVIII)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

In sacrestia, sui mobili per gli arredi, troneggia un bellissimo Cristo in croce di fattura ottocentesca. La croce è stata rifatta e possiede dell’originale solo le terminazioni decorative in legno dorato.
E’ un crocifisso è di grande e rara bellezza. Ben proporzionato, con ampio perizoma dorato, presenta un corpo finemente levigato. Di autore ignoto. Si nota la mano esperta e ben calibrata di uno scultore provetto.

CROCIFISSO DELLA SACRESTIA (SEC. XIX)

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le statue, del sec. XVIII, misurano all’incirca 70 cm, sono in legno policromo. Esse rappresentano quattro vergini e martiri: Lucia, Agata, Caterina e Apollonia. In origine, come ci attestano le fonti, facevano parte dell’antico altare maggiore ligneo, molto decorato con statue di santi.

Le quattro martiri

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le quattro martiri

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le quattro martiri

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le quattro martiri

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Il coro

Dietro l’altare, nell’abside, è alloggiato il coro, luogo dove si raccoglievano i frati per la preghiera. E’ in legno di noce intarsiato e si compone di due ordini di stalli, con braccia a voluta, il superiore di 21 e l’inferiore di 14.
Gli stalli superiori sono delimitati da lasene con semicapitelli corinzi dorati, mentre le mostre dei pannelli sono intarsiati con tralci floreali. Sono ripetuti gli emblemi francescani con le braccia incrociate e il crocifisso sui tre monti.
Sul pannello centrale è raffigurato ad intarsio San Francesco d’Assisi. Un cartiglio sottostante reca il nome dell’autore e la data: Giuseppe Salemme di Melfi F(ecit) 1793.

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Clicca per visualizzare l’immagine intera

L’organo a canne

Alloggiato tra le due braccia inferiori del coro, impreziosisce la liturgia della Chiesa di Gesù e Maria un bellissimo organo Ruffatti del 1950. Esso è a due tastiere e con pedaliera. Le canne sono disposte nei due grandi incavi sovrastanti il presbiterio, sotto il cordone in pietra della cupola, che una volta accoglievano i cantori.
Il suono è dolce e poderoso insieme, possiede una notevole capacità armonica e spande in tutta l’aula liturgica un avvolgente e vibrante suono che aiuta l’assemblea a celebrare e vivere il mistero con intensità e partecipazione.

Le tele

La scena si svolge all’interno di una architettura classica attraverso cui si intravede un paesaggio campestre. In primo piano sono raffigurati S. Carlo Borrorneo inginocchiato a sinistra e S. Girolarno seduto a destra. e un santo guerriero ed un martire recante la palma del martirio. Risente dell’influenza veneta ed è attribuita ad un pittore allievo di Palma il Giovane.

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Ai lati due dipinti ovali incorniciati da stucco, rappresentano: quello di sinistra il Cuo- re di Gesù e quello di destra il Cuore Immacolato di Maria, raffigurazioni originali per la presentazione del Cuore, anziché sul petto, sul palmo della mano in segno di offerta, ambedue del 1700.

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Una grande tela ad olio, siglata GBM raffigura l’Annunciazione può ascriversi ai primi decenni del 1700. A sinistra Maria, vestita di rosso, coperta da un manto azzurro. A destra 1’Arcangelo Gabriele. In alto le figure di Dio Padre e dello Spirito Santo.

Annunciazione

Clicca per visualizzare l’immagine intera

La tela raffigura il giovane San Ludovico da Tolosa con il piviale scuro e sul capo una mitra di colore chiaro, con la mano destra regge il pastorale e con la sinistra un libro. Ai suoi piedi sono deposti una corona e uno scettro. Segno della sua scelta di vita.

San Ludovico da Tolosa

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Il santo a figura intera, è rappresentato con le braccia aperte e circondato da nubi e angeli. Indossa il saio e i sandali in basso a sinistra un’iscrizione dipinta “Salvador de Orta”. La tela del 1700, di autore ignoto, esalta gli ideali dell’umiltà e della povertà.

San Salvatore da Orta

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Le altre tele

Il Santo è raffigurato con la lunga barba bianca, gli occhi levati al cielo e con il saio dell’ordine. Le braccia sono aperte in segno di preghiera. In alto a sinistra, due putti mostrano il disco con il simbolo CHARITAS. Le caratteristiche del dipinto lo farebbero risalire alla cerchia del pittore Paolo De Matteis.

SAN FRANCESCO DE PAOLA

Clicca per visualizzare l’immagine intera

Uno dei pezzi pregiati del repertorio artistico della chiesa, firmato e datato Benedetto Brunetto 1675 è la tela che raffigura la Sacra Famiglia. In primo piano, a destra, la Madonna e S. Anna reggono il piccolo Gesù. Il Bambino, nudo, ha le braccia protese verso la madre e S. Anna, che regge un libro sulle gambe. S. Giuseppe si poggia sul bastone e S. Gioacchino è raffigurato in primo piano a figura intera. In alto due angeli in volo con ghirlande. Sullo sfondo un’architettura classica ed un paesaggio con alberi.
Scrive M. S. Calò: il dipinto appare ancorato a una cultura sostanzialmente cinquecentesca, sia nella classica ed equilibrata composizione, che nella resa dei personaggi. La semplicità di impianto, lo spirito devozionale e accattivante della figura sembra ispirarsi ai modelli vicini al Santafede, cui rimandano soprattutto le fisionomie dei personaggi maschili e una trasparente metallica della luce sugli incarnati, ricollegabile ad un certo naturalismo riformato. Anche l’atteggiamento irrequieto del Bambino tra la Madonna e Sant’Anna, se da una parte rende un clima di affettuosa intimità, dall’altra appare ancora legato a modi manieristici. (La pittura del 500 e 600…, 1969).

LA SACRA FAMIGLIA DI BRUNETTO

Clicca per visualizzare l’immagine intera

ANNA MARIA FIZZAROTTI

Lo Stendardo Francescano – Dipinto su stoffa con ricami in oro. La pittrice foggiana dedicava molte sue energie al decoro liturgico: conopei, stendardi, tovaglie, etc. Adveniat Regnum tuum – pittura su stoffa, che rappresenta il Cristo, con le braccia allargate e con il cuore in primo piano, mentre benedice le sacre specie, circondato da spighe di grano e grappolo d’uva.

ANNA MARIA FIZZAROTTI
ANNA MARIA FIZZAROTTI

Una bella tela del sec. XVIII mostra S. Teresa d’Avila in estasi davanti al Crocifisso. e un Cristo in preghiera, congiunto al Padre attraverso il bagliore di un raggio di luce. Entrambe le tele hanno sofferto di un cattivo restauro in tempi piuttosto lontani (la pittura sembra abrasa).
Non sappiamo la loro provenienza. Possono essere residuo di possesso dei frati che si sono succeduti a Gesù e Maria oppure frutto di donazioni di famiglie.